L’abbiamo trovato grazie alla musica. Delle sonorità soukous arrivavano dal lato sinistro della strada, da un locale dai muri arancioni e la scritta nera. Ci siamo. Siamo quasi arrivati a Matonge.
Con nostra sorpresa il quartiere non è introdotto da nessun cartello, al punto che ci chiediamo: siamo nel posto giusto? Gente africana, c’è. Ristoranti africani ci sono. Manca solo quella vitalità che ricordo di aver trovato due anni fa, quando per la prima volta mi portarono a mangiare a Matonge, il quartiere Congolse di Bruxelles.
Una città, tra parentesi, che sembra essere divisa per quartieri culturali: per arrivare a Matonge a piedi dalla Stazione Midi, bisogna passare per Rue De l’Angleterre, dove reganano Portoghesi e Spagnoli. Dopo un lungo tratto senza l’effervescenza delle (precoci) luci natalizie, si arriva a Louise, la fermata dello shopping su Boulevard du Midi.
Dopo esser passati davanti a Giorgio Armani, Zara, Ferragano e quant’altri, finalmente la nostra fermata: Port Namur, ma di Matonge neanche l’ombra.
Ci addentriamo nelle viuzze interne con i visi paralizzati dal freddo di inizio dicembre e scopriamo qui e lì pezzi di Matonge. Un negozio di frutta e verdura, un ristorante che si presta a centro culturale.. nel negozio chiediamo alle silenziose donne: “Ma dov’è Matonge.” La proprietaria inizia a rispondere ma la sua voce è sovrastata da quella di un signorotto con la barba incolta, il ventre tondo, che si aggira nel negozio da prima che arrivassimo. In un francese a denti serrati ci dice qualcosa come: “Matonge è di là, davanti la chiesa”
Su questo il signore aveva ragione, era davanti la chiesa.
Se a tratti il posto ricorda una strada africana, dall’altra fa venir in mente la zona del Pigneto a Roma. Specialmente quando un gruppo di ragazzi grida “Bilaaa” e si dilegua. Segue dietro di loro un’auto della polizia. La poliziotta scende, si dirige verso un negozio con passo svelto e deciso. Ne esce con tre cartoni di pizza. Falso allarme.
Chissà se Matonge by night è diversa dalla versione diurna? Noi l’abbiamo osservata solo per un’oretta quando tutti i negozi belgi erano già chiusi, ma sicuramente impareremo di più il prossimo anno, quando qui ci passeremo due mesi per (IN)VISIBLE CITIES.