BALOBESHAYI

African Women Voices

Looking for the sparks

Hai mai ascoltato il brano di Gustav Holst, “Giove”? Fallo ora, mentre leggi. 

E’ un pezzo bellissimo, brioso, fresco, curioso e misto. Caratteristiche che a un certo punto non ben identificato ho perso per favorire l’istituzionalità e la formalità. Commovente, ho dimenticato di dire che è anche un brano estremamente commovente. E anche quella un po’ si è persa per strada. Si è persa la commozione di quando per la prima volta, utilizzando un giochetto bizzarro trovato su internet, ho deciso di investire tempo, energia, futuro su un tema solo: gli Africani nel mondo. I migranti. Quelli con la valigia in mano in modo molto più metaforico che reale: i miei stessi genitori per anni hanno ripetuto di volere tornare in Congo stabilmente. Non l’hanno mai fatto. E oramai hanno abbandonato l’idea. 

Io la valigia in mano ce l’avevo già da tempo quando a Londra nel 2012 ho deciso di scovare le comunità di migranti africane disseminate nel mondo insieme alla mia anima gemella. Ero spinta da grandi aspirazioni e avevo zero considerazione per istituzioni, fondi, contatti ai piani alti. E dopo l’esperienza Americana, dove ero tornata a essere una bambina curiosa, ho perso di nuovo quello che in inglese chiamano “spark”, la luce. In realtà the spark è molto più che luce; è lo sguardo vispo dei bambini, la carica di una miccia appena accesa, il rumore del motore a scoppio, la capacità di scrivere in maniera geniale senza considerare le opinioni altrui.

Così, rifugiata sulle pagine di Beatheworld, sono in cerca del mio spark, il mio genio creativo, la mia spontaneità che so già dove trovare. Lo so perché l’ho sperimentato e lo sperimento ogni volta che parlo con Himmat, un giornalista sudanese conosciuto e intervistato a Cardiff. Ma questi termini discostano dalla realtà: Himmat è il padre di due bambine bellissime e abita a Cardiff, e non l’abbiamo “intervistato”, ci abbiamo parlato nel salotto della sua casa a Butetown. So di poter trovare il mio spark ogni volta che un altro africano mi insegna una delle miliardi di cose che non so sull’Africa. E adesso devo rincorrerlo di nuovo, come si rincorre una lepre che salta velocemente e scivola via quando chiudi le mani.

Faccio un fischio appena la agguanto di nuovo.

Nel frattempo, sul serio, ascolta Giove di Gustav Holst. E’ un’esperienza sublime.  

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